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lunedì 20 febbraio 2012

Partenza

Inabissarsi è rischioso, si sa. La posta in gioco è la via. La strada di casa non si perde, ma si dimentica volontariamente. Il motore che ci spinge sempre avanti è la sete di conoscenza. Il premio è l'incontro che deve ancora avvenire.
Sono viaggi reali e immaginari. Per avventurieri... per eroi... ma anche, più semplicemente, per uomini. E' la vita di tutti i giorni nella sua routine e nella sua imprevedibilità. Ogni giorno uguale al precedente e diverso. La differenza ce la mettiamo noi e il più delle volte costa fatica. La differenza ce la mettiamo noi quando ci auscultiamo per poi ascoltare. Ascoltare le voci. Le voci nel tempo. Le voci nella pancia della balena.
    Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza.
                      (Inf. XXVI, 118-120)
    Siamo rimasti Voce, senza più corpo, sul bordo della nostra gioventù, sull'orlo di come sarebbe dovuta andare. La voce delle serenate, che ci echeggiano nelle orecchie, e non ci lasciano in pace.
    Puniti dalla troppa passione, ci si è portati al punto di rimanere fermi davanti ai bivi.
    Allora ci è voluto il ritiro, l'impresa e l'epopea.
    La voce è diventata la nostra divinità, il nostro nume.
    Essa soltanto ci tutela e conserva, ci riproduce, che ci ha infebbrato la vita, ingravidati, e solo la voce è rimasta per sgravare quella colica di immaginazione, quel mare grosso che ci ha sollevati fino a dove Dio si è fatto intravedere e poi ancora, ci ha annegati, ributtati dalla parte di sotto. La voce è la nostra barca, il nostro confine, quel che resta di noi, l'eco della nostra voce, rimbalzante per tutti gli spigoli dai quali ci siamo intravisti.
    La voce, eco della visione.
                    (Vinicio Capossela, Non si muore tutte le mattine)

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